Venti
mesi è la richiesta di condanna della procura di Bari nei confronti di Nichi
Vendola per un presunto abuso d’ufficio.
Subito
la notizia è balzata sui quotidiani nazionali ingenerando confusione, omettendo
di raccontare come stanno veramente i fatti e perché si sia arrivati a tale
richiesta, in così poco tempo.
È
giusto e doveroso precisare che si tratta soltanto di una richiesta della
procura di Bari e non di una sentenza di condanna. Quest’ultima sarà emessa
mercoledì 31 ottobre.
In
un momento in cui la politica non gode di buona salute e in un periodo in cui è
sempre più dilagante il pensiero del “tanto sono tutti uguali”, queste notizie,
se date in maniera distorta, non possono che alimentare lo scontento nei
confronti della politica e di certo non fanno bene alla nostra democrazia.
Per
far riacquistare fiducia nella politica e interrompere il mantra del “tanto
sono tutti uguali” sono necessarie azioni forti e concrete e non solo parole o
promesse.
Questa
vicenda, per diversi motivi, dimostra l’esatto opposto, cioè che non sono tutti
uguali.
Il
primo motivo è la scelta del rito abbreviato. Più che di una scelta di difesa
giudiziaria, questa è una vera e propria scelta politica, imposta da Vendola e
dettata dal fatto che Nichi ha voluto, che in tempi celeri, si sapesse se fosse
colpevole o innocente, per poter affrontare le primarie e le elezioni politiche
con assoluta serenità e in un rapporto di chiarezza con gli elettori e le
elettrici.
Si
è preferito accorciare i tempi, sacrificando il dibattimento processuale e
mettendo in gioco la propria “vita pubblica”, pur di dare un segnale di
discontinuità con il passato, dove si è preferito le lungaggini del processo o
si è cercato in qualche modo di sottrarsi al giudizio della magistratura.
Un
altro motivo con cui è stata data la dimostrazione di essere diversi, è stato
il rispetto che si è sempre avuto nei confronti della magistratura. A ciò, va
aggiunta anche la modifica della legge regionale che non permetteva la
costituzione di parte civile della Regione nei processi contro il proprio
governatore.
Per
poi concludere con la decisione di ritirarsi dalla vita pubblica in caso di
condanna.
A
prescindere da quello che sarà il responso della magistratura, a Nichi, uomo
dello stato che da sempre ha combattuto la mafia e si è battuto per la
legalità, pensiamo vada riconosciuto il merito di averci dimostrato che c’è
ancora una speranza, che c’è un’Italia diversa e migliore dall’attuale.