Il 19 Luglio si è celebrato il
ventennale della strage di Via D’Amelio, in cui persero la vita Paolo
Borsellino e i cinque agenti della sua scorta, Emanuela Loi
(prima donna della Polizia di Stato caduta in servizio), Agostino Catalano, Vincenzo Li
Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio
Traina.
Come ogni anno, in tutta Italia, si
organizzano eventi per la ricorrenza perché, è giusto che se ne parli affinché
il sacrificio dei tanti servitori dello Stato che hanno lottato contro la
mafia, sacrificando la propria vita, non rimanga invano.
Così mi son chiesto cosa avesse
organizzato l’Amministrazione comunale di Andria.
Con stupore mi accorgo che nessuna
iniziativa da parte della stessa è stata organizzata. Né un comunicato sul sito
ufficiale; né manifesti affissi per la Città; né una messa commemorativa.
Insomma nulla di tutto ciò, come se
questa giornata non interessasse all’Amministrazione.
Eppure il 23 Maggio era stato
organizzato un corteo; erano state patrocinate diverse iniziative; era stata
promessa l’intitolazione a Falcone e Borsellino del piazzale vicino il
tribunale (oggi intitolato solo a Giovanni Falcone); erano stati affissi
manifesti su proposta di Libera (a Bari è il Comune che il 23 Maggio e il 19
Luglio ha affisso manifesti per non dimenticare) oltre ai soliti fiumi di
parole che si dicono in quelle ricorrenze a cui non seguono mai i fatti.
Si è data, ancora una volta, la
dimostrazione di come la lotta alla mafia non sia uno dei valori a cui una
classe dirigente deve tendere e per cui si deve battere, ma rappresenta solo un
vessillo da sventolare durante qualche corteo, organizzato solo per fare scena.
Come mai per la ricorrenza del 19
Luglio, l’Amministrazione non ha ricordato la strage di Via D’Amelio?
Spero solo che l’Amministrazione non
la pensi come Dell’Utri, che ha dichiarato: “Andare alla commemorazione di Via D’Amelio mi sembra una stronzata, io
sono contro la mafia, non sono mafioso, non c’è bisogno di andare lì.”
Errare umanum est, perseverare autem
diabolicum, et tertia non datur.
Per cui, l’auspicio è che l’Amministrazione
cerchi di ovviare a questo gravissimo errore, avviando una seria politica per
la legalità seguendo quelle che furono le parole del giudice Borsellino: ”La lotta alla mafia, il primo
problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva
essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale
e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più
adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa
rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità
e quindi della complicità.”